venerdì 19 ottobre 2007

GIUSTIZIA CGIL: CHIEDIAMO UN "PIANO MARSHALL" PER LE CARCERI (di M.Beschi e F.Rossetti F.P. CGIL)


Le carceri sono indebitate per circa 200 milioni di euro con costi enormi di gestione ed investimenti risibili per le attività di osservazione, trattamento e risocializzazione. Perché fra un anno non si renda definitivamente vano il ricorso all’indulto, l’unica strada è quella definita nel programma, non certamente quella del pacchetto sicurezza "Amato" prefigura.
"Il numero dei detenuti cresce mediamente di mille unità al mese, per cui tra un anno e mezzo, se non accadrà qualche fatto nuovo torneremo alla situazione di prima dell’indulto"; a queste semplici dichiarazioni del Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Dr. Ferrara occorre saper dare un’immediata risposta.
Risposta che non può ovviamente essere quella che il Guardasigilli si è affrettato a dare, la tesi per la quale senza "l’applicazione di quel provvedimento ci troveremo a quota 78 mila, quindi in una situazione devastante" per un sistema carcerario che non regge più.
Non che non sia giusto ricordare al Paese, alla Politica, al Parlamento la gravissima situazione in cui versavano le nostre carceri dopo la disastrosa gestione Castelli, ma è proprio da quella esperienza che bisogna saper uscire con un vero, organico, credibile piano "Marshall" sulla giustizia, penale e civile.
Il Ministro leghista riconsegnò al Paese più di nove milioni di cause pendenti, più della metà delle quali penali, tempi per i processi che mediamente si attestavano in 100 mesi, fra il delitto e l’appello; l’80% dei reati denunciati che rimanevano senza responsabilità accertate.
Il numero delle persone prese in carico dal sistema penale, prima dell’indulto, è cresciuto di sei volte: dai 35.000 del 1990 ai circa 200.000 del luglio 2006 (62.000 detenuti, 57.000 in misure alternative al carcere, 80.000 condannati in attesa del provvedimento esecutivo).
Le carceri sono indebitate per circa 200 milioni di euro con costi enormi di gestione ed investimenti assolutamente risibili per le attività di osservazione, trattamento e risocializzazione; al luglio 2006 il costo medio del detenuto era di circa 130 euro al giorno, di cui, più o meno, solo 15 euro spesi per "garantire" l’assolvimento del mandato che la Costituzione affida alla pena, la rieducazione.
La situazione, al netto degli effetti deflativi che il provvedimento di indulto ha comunque offerto al sistema carcerario, è rimasta la stessa, anzi, per ciò che attiene l’arretrato giudiziario, il provvedimento di indulto ha ingolfato ancora di più il sistema.
E allora che fare? Semplicemente applicare il programma dell’Unione sulla Giustizia e sulle carceri: riformare il codice penale - la Commissione "Pisapia" ha terminato i suoi lavori. A quando la formale presentazione dell’ipotesi di riforma e l’assunzione del necessario ddl da parte del Governo?; cancellare le cd. leggi vergogna del Governo Berlusconi visto che sono ancora intonse le leggi sulla recidiva (ex Cirielli), quella sull’immigrazione (Bossi-Fini), e quella sulle droghe (Fini-Giovanardi). La cosa inconcepibile è che non sembra enormemente complesso comprendere come queste leggi concorrano in maniera determinante al progressivo aumento della popolazione detenuta, caratterizzandola, sempre più, per la sua marginalità sociale; introdurre sanzioni penali diverse dal carcere per i reati di lieve entità e di minor allarme sociale; ricapitalizzare il sistema carcerario adeguandolo agli standard definiti dal regolamento penitenziario del 2000, mai applicato; valorizzare le professionalità penitenziarie evidenziando sempre più le caratteristiche sociali dell’intervento penale, in termini di reinserimento e rieducazione.
Un piano di interventi, quindi, già definito, concordato ed accessibile al Governo. Perché fra un anno non si renda definitivamente vano il ricorso all’indulto l’unica strada è quella definita nel programma, non certamente quella che il pacchetto sicurezza cd "Amato" prefigura. Le carceri sono già piene di immigrati, di tossicodipendenti, di microcriminali ai quali la Ex Cirelli ha negato qualsiasi possibilità di riscatto. Vogliamo aggiungere a queste fasce di emarginazione sociale le nuove emergenze dei lavavetri, dei posteggiatori abusivi e dei venditori ambulanti? Possiamo continuare a sacrificare un’avanzata idea di legalità e sicurezza in nome di un artato e strumentale bisogno di semplice decoro sociale o urbano?
L’alternativa che Governo e Parlamento hanno davanti è quella, da un lato, di recuperare un analisi realistica e onesta dei problemi della sicurezza e ad essa far corrispondere una organica azione di riforma legislativa, giuridica ed amministrativa (il Programma dell’unione, appunto), oppure continuare nell’autolesionistico rincorrere le campagne di opinione, in un vortice che alimenta reciprocamente allarmi, paure e invocazioni repressive verso il quale nessuna scelta di Governo o intervento della responsabilità pubblica potrà mai risultare soddisfacente, diventare capace di sedare un ansia indotta da poderose domande di identità, da profondi spaesamenti, da anomie legate alla crisi della società globalizzata.

Aprile on-line, 19 ottobre 2007

dalla Rassegna Stampa di Ristretti http://www.ristretti.it/

PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI DIPENDENZE

Qualche giorno fa, da questo spazio, avevo dato notizia delle novità introdotte dalla Regione Lombardia in materia di Tossico Dipendenze.
Le preoccupazini espresse allora circa un percorso di svuotamento delle competenze dei Sert, e quindi del Servizio Pubblico, sono assolutamente consolidate da una più attenta valutazione del provvedimento. Il Testo della Delibera 5509
In tal senso mi sembra interessante riportare alcune considerazioni del Compagno Danilo Villa, responsabile dell'Ufficio Politiche Sociali della CGIL Monza e Brianza.

Confermo quanto avevo già scritto, ovvero che il sistema di accesso
lombardo definito dalla dgr 5509-2007 si incarna nel principio di libera scelta.
In particolare la certificazione di tossicodipendenza è rilasciata sia dai sert
che dai Servizi Multidisciplinari Integrati accreditati ( SMI) .

In Regione abbiamo due servizi privati accreditati ( per altro in difficoltà
economiche): uno a Brescia e l'altro a Milano (ex CAD di Madeddu).
La
persona tossicodipendente, ricevuta la certificazione può rivolgersi ad una
struttura accreditata residenziale o semiresidenziale la quale definirà il
progetto terapeutico tenuto conto della certificazione.
Nell'insieme la dgr
solleva qualche curiosa domanda, come per esempio:
chi e come certifica una
doppia diagnosi (psichiatrica e tossic.) se per esempio un SMI è composto da
medico, psicologo e infermiere (per questa tipologia sulla libera
scelta valgono le perplessità che ci sono per i sofferenti psichici);
chi
mantiene il filo della sua lunga storia tossicomanica ed è referente
privilegiato nella relazione di aiuto sia nelle fasi della cura che in quelle
della tossicodipendenza attiva;
ecc.
Sul sistema tariffario a
budgettizzazione (non nuovo in quanto già operativo in altri servizi per altre
tipologie) dobbiamo capire gli effetti sulla tenuta degli entri ausiliari
accreditati ( oggi in sofferenza).
Un ultima nota: personalmente non mi
convince una permanenza di 36 mesi in comunità e vorrei riflettere sul senso
di destinazione alle comunità del fondo regionale, trattenuto dal
FNPS , finalizzato all'inserimento lavorativo.

LE REGIONI DOVRANNO ATTUARE PROGETTI SU MALATTIE RARE E DELLE UNITA' SPINALI POLARI


Il decreto del ministero della Salute è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Prevede che le regioni presentino progetti in coerenza con le Linee guida per l’accesso al cofinanziamento dei progetti attuativi del Piano sanitario nazionale
ROMA - Malattie rare tra le priorità individuate nelle le Linee guida per l'accesso al cofinanziamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano dei progetti attuativi del Piano sanitario nazionale. Un decreto del ministero della Salute, pubblicato nella Gazzetta ufficiale serie generale n. 236 del 10 ottobre, prevede che le Regioni debbano presentare progetti in coerenza con quanto stabilito nelle Linee guida. Quattro le branche verso cui destinare gli interventi: sperimentazione Casa della Salute, salute della donna, malattie rare e rete delle unità spinali polari. Una parte di rilievo spetta proprio alle malattie rare. Le Linee guida dispongono infatti l'utilizzo delle risorse stanziate nella finanziaria dello scorso anno per le malattie rare, pari a 30 milioni di euro. Il 50 per cento di questi fondi dovrà essere utilizzato in progetti che assicurino: la presa in carico globale del paziente e per attivare l'assistenza domiciliare nei confronti dei pazienti per i quali l'ambito familiare lo permetta. Inoltre gli interventi dovranno riguardare anche i trattamenti palliativi per i casi che lo richiedano e la realizzazione di campagne informative rivolte ai pazienti e alle famiglie sulle attività svolte e sul percorso assistenziale del paziente. La quota pari al 40 per cento sarà destinata, come finanziamento aggiuntivo, ai programmi regionali che prevedano l'attivazione di formali accordi di cooperazione tra le regioni interessate, volti ad assicurare lo sviluppo e l'utilizzo di percorsi diagnostico terapeutici condivisi, specifici per singole malattie e/o gruppi di malattie; la realizzazione di attività di consulenza e supporto a distanza, anche mediante l'utilizzo di nuove tecnologie (telemedicina) ed inoltre la realizzazione di attività formative rivolte ai medici agli operatori sanitari dei servizi territoriali nelle regioni coinvolte, riguardanti la formulazione del sospetto diagnostico e la gestione della malattia. Nell'elenco delle attività di cooperazione tra le regioni figurano anche il coinvolgimento delle associazioni dei malati e dei loro familiari per l'individuazione di bisogni particolari e per la gestione del paziente e la diffusione delle informazioni sulle attività svolte e sui luoghi di cura delle singole malattie e/o gruppi. I finanziamenti, per la quota residua, sono attribuiti ai progetti regionali che prevedano l'attivazione di registri regionali o interregionali che garantiscano, entro febbraio 2008, il flusso dei dati al Registro nazionale attraverso un sistema strutturato e appositamente concordato. Per quanto riguarda il progetto Casa della Salute, nelle Linee guida si stabilisce che le regioni debbano presentare progetti relativi tra le altre cose all'Assistenza domiciliare integrata (Adi), dove realizzare anche "l'addestramento del paziente e della sua famiglia alla gestione delle patologie croniche e recidivanti". Le misure delle regioni dovranno inoltre essere indirizzate ad iniziative per la salute della donna ed in particolare a situazioni quali: osteoporosi; incontinenza urinaria; problematiche relazionali; problematiche legate alla sessualità. Interventi che dovranno inoltre tendere ad umanizzare l'evento della nascita favorendo il parto indolore e l'allattamento materno precoce. Nelle linee guida si invitano inoltre le regioni e le province autonome ad attuare progetti per l'implementazione della rete delle unità spinali polari che si occupano della cura delle persone che hanno lesioni al midollo spinale. A questi enti è richiesto di programmare lo sviluppo di interventi integrati. In particolare i programmi regionali dovranno prevedere: la definizione di accordi a livello regionale con specifici protocolli di intervento tra i diversi soggetti coinvolti nel percorso clinico assistenziale, per garantire un intervento tempestivo e ridurre l'intervallo tra incidente e accesso alla struttura specializzata più idonea e la realizzazione di processi organizzativi che coinvolgano tutte le competenze specialistiche necessarie ad assicurare la presa in carico globale del paziente, lungo il miglior percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo, dalla fase di emergenza fino alle dimissioni.

LE FONDAZIONI IN ITALIA


Statistiche in breve http://www.istat.it/

Periodo di riferimento: Anno 2005

Diffuso il: 18 ottobre 2007

Nel corso del biennio 2006-2007 l’Istat ha svolto la prima rilevazione sulle fondazioni attive in Italia al 31 dicembre 2005. La rilevazione, rappresenta il primo approfondimento specifico su queste unità e rientra nell’ambito del programma di sviluppo delle statistiche sulle istituzioni nonprofit, avviato dall’Istituto negli ultimi anni. Si tratta di una rilevazione totale, il cui campo di osservazione è costituito da quelle particolari istituzioni nonprofit che: hanno una propria fonte di reddito che deriva normalmente, ma non esclusivamente, da un patrimonio; sono dotate di un organo di autogoverno; utilizzano le proprie risorse finanziarie per scopi educativi, culturali, religiosi, sociali o per altri fini di pubblica utilità, sia sostenendo direttamente persone e associazioni, sia organizzando e gestendo propri programmi.

giovedì 18 ottobre 2007

PIANI DI ZONA IN LOMBARDIA


Considerando i Piani di Zona uno strumento importante nella gestione degli aspetti socio assistenziali, ed in considerazione dell'impegno e della partecipazione della CGIL nei vari ambiti territoriali e tematici, vi segnalo questo opuscolo della Regione e specificamente dell'Assessorato alla Famiglia, nel quale la Regione fa il punto sulla prima triannualità e fornisce indicazioni sulla seconnda.

Ritengo che lo strumento abbia un'impostazione didascalica e che non se ne possano leggere le contraddizioni e le criticità; tuttavia possiamo considerarlo uno strumento di consultazione immediata in merito ai Servizi.
Piani di Zona in Lombardia
[Francesco Vazzana]

mercoledì 17 ottobre 2007

INDULTO, DON CIOTTI:E' MANCATO UN "PIANO DI ACCOMPAGNAMENTO"


Lo ha detto oggi il fondatore di Libera durante una manifestazione nel cagliaritano. "Così - dice - si sarebbe abbassato il tasso di recidiva"


''Se si fossero creati progetti di accompagnamento a chi e' uscito dal carcere con l'indulto si sarebbe potuto diminuire il numero delle situazioni di recidivita'''. Lo sostiene Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, la rete di organizzazioni impegnate nella lotta alla mafia, in riferimento all'allarme lanciato dal Dap per un possibile nuovo sovraffollamento delle carceri. Il sacerdote e' intervenuto stamane a Cagliari alla presentazione di ''Strada facendo 3'', manifestazione in programma nel capoluogo sardo dal 19 al 21 ottobre con la presenza, tra gli altri, dei ministri Turco, Bindi e Ferrero. ''Non basta fare un provvedimento - ha sottolineto Don Ciotti - se poi e' tutto assegnato alla buona volonta' di qualcuno. La societa' civile organizzata aveva fatto la proposta chiara di affrettare i tempi e creare percorsi di accompagnamento per chi usciva dal carcere, ma i fondi sono arrivati solo ora. Ad agosto, invece, siamo stati invasi da coloro che uscivano per l'indulto e non avevano punti di riferimento, ma si e' fatto quello che e' stato possibile''. Citando Norberto Bobbio, Don Ciotti ha quindi chiesto ''buone leggi'' allo Stato e alla societa' civile di fare la propria parte.
17/10/2007 http://www.vita.it/

martedì 16 ottobre 2007

Prepensionamento genitori disabili, in Commissione Lavoro




Se ne parlerà qusta settimana in Commissione Lavoro




Nel corso della settimana, la Commissione Lavoro, in sede referente, proseguirà l'esame delle proposte di legge recanti Norme in materia previdenziale in favore di lavoratori con familiari gravemente disabili relatore Pagliarini, Com.It., che sarà esaminata anche in sede di Comitato ristretto

FAMIGLIE: RISCHIO POVERTA'


15/10/2007 Da vita: http://www.vita.it/


Presentato oggi a Roma il VII Rapporto sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia redatto da Caritas e Fondazione Zancan. Una proposta per un piano di lotta alla povertà.



In vista della giornata mondiale della povertà, in calendario il 17 ottobre, e dell'avvio della 45ª Settimana sociale dei cattolici italiani, in programma dal 18 al 21 ottobre, Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova hanno presentato oggi a Roma il VII Rapporto sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia, dal titolo “Rassegnarsi alla povertà?”, che sarà nelle librerie nei prossimi giorni.L'ultimo Rapporto dell'Istat sulla povertà nel nostro Paese indica che sono in stato di povertà 2.623.000 famiglie, corrispondenti a 7.537.000 persone, cioè il 12,9% della popolazione, di cui i due terzi vivono al Sud. Un dato che è rimasto “sostanzialmente stabile” negli ultimi cinque anni.“Rassegnarsi alla povertà?” è la domanda che titola VII Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, e nasce proprio di fronte a questa situazione di stallo, di incapacità di affrontare il problema.

Famiglie a rischio povertà
Come emerge dal Rapporto Caritas-Zancan, un approccio multidimensionale al problema povertà, che non tenga conto solo dell'aspetto monetario, evidenzia che se la povertà non è aumentata, è cresciuta l'insicurezza delle famiglie italiane per la preoccupazione di non essere in grado di far fronte a eventi negativi come per esempio l'improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare, o l'instabilità del rapporto di lavoro, o gli oneri finanziari sempre maggiori (ad esempio, mutui a tasso variabile).
L'elemento di novità emerso dalle diverse inchieste sulla povertà degli ultimi anni è l'aumento numerico non di famiglie povere, ma di famiglie non computabili come povere solo perché le loro risorse finanziarie sono appena sopra la linea della povertà, ossia la superano per una somma esigua che va da 10 a 50 euro al mese. L'Istat calcola che queste famiglie “a rischio di povertà” siano oltre 900 mila.

A comportare un maggiore rischio di povertà è anzitutto l'allargamento familiare: avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8%, e nel Sud questo valore sale al 42,7%. Il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere. Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135%, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento. L'Italia, coscientemente o meno, incoraggia le famiglie a non fare figli. I risultati di una tale politica si vedono: l'Italia occupa uno degli ultimi posti al mondo per indice di natalità.

La spesa sociale
In Italia la spesa destinata all'assistenza sociale è di 44 miliardi e 540 milioni di euro, circa 750 euro pro capite. Utilizziamo circa un quarto del Pil per la protezione sociale: si tratta di un impegno non indifferente, in armonia con altri Paesi (Grecia 26,0%, Regno Unito 26,3%, Finlandia 26,7%), ma significativamente inferiore ad Austria (29,1%), Belgio (29,3%), Germania (29,5%), Danimarca (30,7%), Francia (31,2%) e Svezia (32,9%). Tuttavia, il nostro profilo di welfare sembra basarsi su squilibri interni evidenti: più della metà della spesa sociale (56,1%) è destinata alla voce «Pensioni in senso stretto e Tfr». Il resto è ripartito tra le voci «Assicurazioni del mercato del lavoro» (6,6%), «Assistenza sociale» (11,9%), «Sanità» (25,4%).
Gran parte delle risorse vanno all'ultima fase della vita, e molto meno alla prima e al sostegno delle responsabilità familiari. In dieci anni sono aumentate le voci «Pensioni in senso stretto e Tfr» (dal 55,7 al 56,1%) e «Sanità» (dal 20,8 al 25,4%). Sono diminuite le voci «Assicurazioni del mercato del lavoro» (dal 9,0 al 6,6%) e «Assistenza sociale» (dal 14,6 all'11,9%), che ha subìto la contrazione maggiore.

Piano di lotta alla povertà: una proposta
Il Rapporto Caritas-Zancan prende atto di questa situazione e si fa carico di una propria proposta di Piano nazionale di lotta alla povertà, che si basi innanzitutto su due passaggi: «da trasferimenti monetari a servizi» (per un migliore governo della quantità di risorse oggi disponibili) e «da gestione centrale a gestione decentrata» (per una diretta responsabilizzazione nella gestione e nella verifica di efficacia). Le parti regionali e locali dovrebbero poi definire altrettanti piani di azione regionali e locali di lotta alla povertà, dimensionando obiettivi e risorse in ragione dei risultati attesi di riduzione del bisogno presente nel proprio territorio. Un Piano di lotta alla povertà che abbia al proprio interno non solo obiettivi e finalità ma anche risultati attesi misurabili, che indichi le priorità di azione, le infrastrutture necessarie, che “corresponsabilizzi” i diversi livelli istituzionali (dal locale al regionale, al nazionale, e viceversa) e i diversi centri di responsabilità sociale (imprese, enti non profit, forze sociali, associazionismo di impegno sociale ecc.) in una comune progettualità.

lunedì 15 ottobre 2007

NOVITA' PER LE PERSONE CON DISABILITA' CIRCA LE AGEVOLAZINI TELEFONICHE


Dal 1 giugno 2000 le persone disabili possono usufruire in misura diversa, ed in relazione alla propria patologia, di agevolazioni sulla telefonia, sono recentissime alcune novità che ampliano i vantaggi; infatti, nella Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2007 è stata pubblicata una Deliberazione dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che introduce - su indicazione di Direttive Comunitarie - nuove agevolazioni per le persone con disabilità.