martedì 16 ottobre 2007

FAMIGLIE: RISCHIO POVERTA'


15/10/2007 Da vita: http://www.vita.it/


Presentato oggi a Roma il VII Rapporto sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia redatto da Caritas e Fondazione Zancan. Una proposta per un piano di lotta alla povertà.



In vista della giornata mondiale della povertà, in calendario il 17 ottobre, e dell'avvio della 45ª Settimana sociale dei cattolici italiani, in programma dal 18 al 21 ottobre, Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova hanno presentato oggi a Roma il VII Rapporto sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia, dal titolo “Rassegnarsi alla povertà?”, che sarà nelle librerie nei prossimi giorni.L'ultimo Rapporto dell'Istat sulla povertà nel nostro Paese indica che sono in stato di povertà 2.623.000 famiglie, corrispondenti a 7.537.000 persone, cioè il 12,9% della popolazione, di cui i due terzi vivono al Sud. Un dato che è rimasto “sostanzialmente stabile” negli ultimi cinque anni.“Rassegnarsi alla povertà?” è la domanda che titola VII Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, e nasce proprio di fronte a questa situazione di stallo, di incapacità di affrontare il problema.

Famiglie a rischio povertà
Come emerge dal Rapporto Caritas-Zancan, un approccio multidimensionale al problema povertà, che non tenga conto solo dell'aspetto monetario, evidenzia che se la povertà non è aumentata, è cresciuta l'insicurezza delle famiglie italiane per la preoccupazione di non essere in grado di far fronte a eventi negativi come per esempio l'improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare, o l'instabilità del rapporto di lavoro, o gli oneri finanziari sempre maggiori (ad esempio, mutui a tasso variabile).
L'elemento di novità emerso dalle diverse inchieste sulla povertà degli ultimi anni è l'aumento numerico non di famiglie povere, ma di famiglie non computabili come povere solo perché le loro risorse finanziarie sono appena sopra la linea della povertà, ossia la superano per una somma esigua che va da 10 a 50 euro al mese. L'Istat calcola che queste famiglie “a rischio di povertà” siano oltre 900 mila.

A comportare un maggiore rischio di povertà è anzitutto l'allargamento familiare: avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8%, e nel Sud questo valore sale al 42,7%. Il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere. Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135%, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento. L'Italia, coscientemente o meno, incoraggia le famiglie a non fare figli. I risultati di una tale politica si vedono: l'Italia occupa uno degli ultimi posti al mondo per indice di natalità.

La spesa sociale
In Italia la spesa destinata all'assistenza sociale è di 44 miliardi e 540 milioni di euro, circa 750 euro pro capite. Utilizziamo circa un quarto del Pil per la protezione sociale: si tratta di un impegno non indifferente, in armonia con altri Paesi (Grecia 26,0%, Regno Unito 26,3%, Finlandia 26,7%), ma significativamente inferiore ad Austria (29,1%), Belgio (29,3%), Germania (29,5%), Danimarca (30,7%), Francia (31,2%) e Svezia (32,9%). Tuttavia, il nostro profilo di welfare sembra basarsi su squilibri interni evidenti: più della metà della spesa sociale (56,1%) è destinata alla voce «Pensioni in senso stretto e Tfr». Il resto è ripartito tra le voci «Assicurazioni del mercato del lavoro» (6,6%), «Assistenza sociale» (11,9%), «Sanità» (25,4%).
Gran parte delle risorse vanno all'ultima fase della vita, e molto meno alla prima e al sostegno delle responsabilità familiari. In dieci anni sono aumentate le voci «Pensioni in senso stretto e Tfr» (dal 55,7 al 56,1%) e «Sanità» (dal 20,8 al 25,4%). Sono diminuite le voci «Assicurazioni del mercato del lavoro» (dal 9,0 al 6,6%) e «Assistenza sociale» (dal 14,6 all'11,9%), che ha subìto la contrazione maggiore.

Piano di lotta alla povertà: una proposta
Il Rapporto Caritas-Zancan prende atto di questa situazione e si fa carico di una propria proposta di Piano nazionale di lotta alla povertà, che si basi innanzitutto su due passaggi: «da trasferimenti monetari a servizi» (per un migliore governo della quantità di risorse oggi disponibili) e «da gestione centrale a gestione decentrata» (per una diretta responsabilizzazione nella gestione e nella verifica di efficacia). Le parti regionali e locali dovrebbero poi definire altrettanti piani di azione regionali e locali di lotta alla povertà, dimensionando obiettivi e risorse in ragione dei risultati attesi di riduzione del bisogno presente nel proprio territorio. Un Piano di lotta alla povertà che abbia al proprio interno non solo obiettivi e finalità ma anche risultati attesi misurabili, che indichi le priorità di azione, le infrastrutture necessarie, che “corresponsabilizzi” i diversi livelli istituzionali (dal locale al regionale, al nazionale, e viceversa) e i diversi centri di responsabilità sociale (imprese, enti non profit, forze sociali, associazionismo di impegno sociale ecc.) in una comune progettualità.

Nessun commento: