giovedì 17 aprile 2008

INDAGINE ISTAT: CRESCE IL CONSUMO DI ALCOL TRA GLI ADOLESCENTI

Cresce in Italia la diffusione del consumo di alcolici tra gli adolescenti. Lo rivela l'Istat nell'indagine 'Multiscopo 2007', condotta ogni anno per scoprire lo stile di vita degli italiani

Cresce in Italia la diffusione del consumo di alcolici tra gli adolescenti. Lo rivela l'Istat nell'indagine 'Multiscopo 2007', condotta ogni anno per scoprire lo stile di vita degli italiani. Benche' la diffusione del consumo di alcol in Italia risulti sostanzialmente stabile negli ultimi 10 anni, preoccupa la crescita del fenomeno tra i ragazzi di 11-15 anni, con il 19,9% che dichiara di aver consumato una o piu' bevande alcoliche almeno una volta nell'anno. Considerando poi la fascia di eta' tra i 14 e i 17 anni, tra il 1998 (anno a partire dal quale sono stati utilizzati quesiti confrontabili con l'indagine corrente) e il 2007 il consumo di alcol passa dal 12,6% al 20,5%, e cresce anche fuori pasto, in particolare fra le ragazze (dal 9,7% al 17,9%), pur rimanendo piu' diffuso tra i maschi, per i quali sale dal 15,2% al 22,7%. Il consumo di alcol tra minorenni e' particolarmente preoccupante in quanto molto spesso non sono ancora in grado di metabolizzare adeguatamente l'alcol, per questo uno degli obiettivi dell'Oms, l'Organizzazione Mondiale della Salute, per il 2010 e' ridurre a zero la quota di ragazzi fino ai 15 anni che consumano bevande alcoliche. Anche gli anziani, oltre ai giovani sono un segmento di popolazione sensibilmente esposto a comportamenti a rischio, anche se per motivi differenti: la soglia di eta' dei 65 anni e' quella a partire dalla quale anche l'assunzione di piu' di una sola unita' alcolica al giorno diviene un comportamento non salutare.

mercoledì 16 aprile 2008

CASSAZIONE:CALL CENTER, LAVORATORI HANNO DIRITTO AL CONTRATTO

Stress da call center

Ansa - Mar 15 Apr
ROMA -I lavoratori dei call center che prestano servizio nella struttura di una societa' hanno diritto ad un contratto di lavoro subordinato dal momento che utilizzano attrezzature e materiale aziendale e non possono essere considerati, dal datore, come lavoratori autonomi.
Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 9812 della sezione lavoro. Con questo verdetto la Suprema Corte ha respinto il ricorso della 'Solidea sas', una societa' di Padova che aveva un call center nel settore pubblicitario, contro la decisione con la quale la Corte di appello di Venezia, nel 2005, l'aveva condannata a pagare oltre mezzo miliardo di vecchie lire all'Inps come contributi previdenziali evasi ai danni di 15 centraliniste precarie scoperte a lavorare presso la societa' durante un controllo degli ispettori del lavoro, avvenuto nel 1997.
Contro la multa, la 'Solidea' aveva fatto ricorso al Tribunale di Padova sostenendo che le dipendenti svolgevano lavoro autonomo. Il tribunale diede ragione alla 'Solidea' e straccio il verbale dell'Inps. Ma in appello la Corte di Venezia ribalto' l'esito e confermo' la natura subordinata del lavoro svolto dalle 15 centraliniste. Senza successo la 'Solidea' ha protestato in Cassazione.
Gli 'ermellini' hanno replicato che ''correttamente'' la Corte d'Appello ha considerato ''qualificanti della subordinazione delle dipendenti, con mansioni di telefoniste, le circostanze che esse seguivano le direttive impartite dall'azienda in relazione ad ogni telefonata da svolgere prendendo nota dell'esito e del numero di telefono chiamato, del fatto che avevano un preciso orario di lavoro, che usavano attrezzature e materiale di proprieta' della societa' ''. Cosi' il ricorso della 'Solidea' e' stato respinto.(ANSA)

lunedì 24 marzo 2008

LA PROVINCIA PUBBLICA IL QUADRO DELLE ADDIZIONALI COMUNALI


CARCERE, CODICE PENALE: PRESENTATO IL TESTO PISAPIA


La proposta di riforma prevede la cancellazione dell'ergastolo, sostituito da una pena massima di 32 anni, elevabile a 38 per i reati più gravi


Abolizione dell'ergastolo, una condanna che e' "piu' simile alla pena di morte". E' la novita' tra le piu' significative del ddl di riforma della parte generale del Codice penale, schema presentato oggi al ministro della Giustizia Luigi Scotti. La commissione di studio presieduta da Giuliano Pisapia stabilisce che il massimo della pena da infliggere ad un condannato deve essere di 32 anni, elevabili fino a 38 anni per i casi di reati piu' gravi.
La relazione del documento sottolinea che sulla scelta di sostituire nel Codice l'ergastolo con la "detenzione di massima durata c'e' stata una lunga e approfondita riflessione". Si e' tenuto conto "della contrarieta' di gran parte dell'opinione pubblica e dei paventati rischi di indebolire la lotta alla criminalita' organizzata"; ma la commissione a larga maggioranza ha deciso "di non prevedere la pena dell'ergastolo", sulla base di dati oggettivi "che dimostrano come la pena perpetua, cosi' come la pena di morte, non ha mai avuto quell'efficacia deterrente che molti prospettano".
L'ergastolo, si sottolinea, e' "una pena iniqua che pone non pochi dubbi di legittimita' costituzionale"; e cancellarlo e' anche un "atto di civilta' imposto da ragioni di carattere etico-politico perche' l'ergastolo non e' assimilabile alla reclusione ma e' una pena assai piu' simile alla pena di morte". La commissione aggiunge poi che il carcere a vita non c'e' in molti paesi europei, come Norvegia, Portogallo, Spagna, Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina. In altri Stati, ricorda la commissione, seppure previsto in astratto l'ergastolo "non viene applicato in concreto", come in Olanda, Polonia, Albania, Serbia e Ungheria.


lunedì 10 marzo 2008

CONVEGNO "LE PENE DEL FINE PENA"


A Milano il 12 marzo l'associazione Antogone promuove un incontro sugli ostacoli al reinserimento sociale degli ex detenuti


L'associazione “Antigone Lombardia”, in collaborazione con la Camera penale di Milano organizza l'incontro pubblico “LE PENE DEL FINE PENA - ostacoli sulla via del reinserimento sociale”, mercoledì 12 marzo alle ore 18.00 presso la Camera del Lavoro di Milano, Corso di Porta Vittoria, 43.
All'incontro interverranno tra gli altri: il giornalista Riccardo Bocca, caporedattore de “L'Espresso”, che ha documentato – anche con un video che verrà proiettato nel corso dell'iniziativa – le difficoltà concrete che incontra una persona che esce dal carcere; l'avvocato Giuliano Spazzali e Giorgio Bertazzini, Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà della Provincia di Milano.
“La gran parte delle persone detenute in Italia – dichiara Alessandra Naldi, responsabile dell'associazione Antigone Lombardia – non sono in carcere per aver commesso reati di particolare gravità come omicidi, stupri o violenze fisiche; si tratta per lo più di individui ritenuti responsabili di reati minori come furti, reati legati al consumo di stupefacenti. Molti anche gli stranieri detenuti che non hanno commesso veri e propri crimini ma che restano in carcere per mesi solo per aver violato le norme della “Bossi-Fini”, la legge sull'immigrazione. Per queste persone sarebbe molto più utile (oltreché meno oneroso per la comunità) predisporre interventi sociali efficaci e ricorrere a pene alternative alla detenzione. Il carcere finisce invece spesso per trasformarsi in un ostacolo insormontabile a quel reinserimento sociale che dovrebbe costituire, secondo la nostra Costituzione, il vero scopo della pena”.Chiunque esca dal carcere, anche dopo brevi periodi di detenzione, ha enormi difficoltà a trovare un lavoro in regola e a ricominciare una vita onesta, senza contare che per molti è proprio in carcere che si viene a contatto con un mondo criminale molto più organizzato e potente rispetto a quello che si conosceva prima.
“Da sempre l'Osservatorio carcere e territorio insiste sulla necessità che gli enti locali cittadini si facciano carico dei problemi delle persone detenute, anche nel delicatissimo momento della scarcerazione Invece – denuncia Corrado Mandreoli, uno dei portavoce di questa importante rete di realtà milanesi che si occupano di carcere – in questi ultimi tempi a Milano abbiamo dovuto registrare ulteriori tagli nei servizi che si occupano di questi problemi, mettendo perfino a rischio la continuità di interventi fondamentali nel campo dell'accoglienza e dell'accompagnamento sociale e lavorativo all'uscita dal carcere”.

Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, è nata alla fine degli anni ottanta nel solco dell'omonima rivista contro l'emergenza promossa, tra gli altri, da Luigi Ferrajoli, Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda. È un'associazione politico-culturale a cui aderiscono prevalentemente studiosi, magistrati, operatori penitenziari, parlamentari, insegnanti, cittadine e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale. Ha come finalità statutarie lo studio, la ricerca e la sensibilizzazione culturale sul tema del diritto, dei diritti, della giustizia, delle pene. Promuove iniziative finalizzate a estendere il dibattito su tali tematiche e sugli aspetti che da esse derivano nel confronto politico; a sviluppare una crescente attenzione sociale sul tema dei diritti e delle garanzie nel sistema penale; ad analizzare e diffondere informazioni e conoscenze sulla condizione carceraria con lo scopo di perseguire il rispetto delle finalità costituzionalmente previste per la pena detentiva. Da anni, inoltre, Antigone partecipa anche a livello lombardo alla Conferenza Volontariato Giustizia ed è membro dell'Osservatorio carcere e territorio della città di Milano.

venerdì 7 marzo 2008

PERMESSI 104: PARERE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Il 18 febbraio 2008, il Dipartimento per la Funzione Pubblica ha diramato un Parere (il numero 13/2008) relativo ad alcuni aspetti applicativi dei permessi lavorativi concessi ai familiari di persone con handicap grave. Si tratta di una disposizione rilevante poiché interessa tutti i dipendenti pubblici, anche se è possibile che sia rivista in futuro dato che si è in attesa di una pronuncia, su questi temi, da parte del Consiglio di Stato su richiesta del Ministero dell'Economia.
Il Parere, emanato in risposta ad uno specifico quesito, verte sui requisiti di continuità ed esclusività dell'assistenza introdotti dalla Legge 53/2000. Come si ricorderà, l'articolo 20 ha precisato che le agevolazioni lavorative spettano "anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto". I permessi lavorativi, inoltre sono stati estesi "ai famigliari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente". I permessi lavorativi, quindi, spettano - a prescindere dalla convivenza - anche a quei familiari che assicurano l'assistenza con continuità e in via esclusiva alle persone con handicap grave.I concetti di continuità ed esclusività sono stati oggetto di diverse interpretazioni da parte degli istituti previdenziali (INPS e INPDAP) e dello stesso Ministero del Lavoro. Ora il Dipartimento della Funzione Pubblica esprime il suo orientamento.Vale la pena di ricordare che la continuità e l'esclusività dell'assistenza, non hanno comunque rilevanza nel caso dei permessi concessi ai genitori di persone con disabilità con essi conviventi.

Continuità

Il Dipartimento ritiene che il Legislatore abbia voluto collegare in senso stretto la concessione dei permessi al requisito definito dall'articolo 3 comma 3 della Legge 104/ e cioè collegando la situazione di gravità alla necessità di un intervento assistenziale "permanente, continuativo e globale": la situazione di handicap grave, richiede per definizione l'assistenza continuativa.

Secondo il Dipartimento Funzione Pubblica la continuità sussiste soltanto quando l'assistenza è prestata non in maniera saltuaria od occasionale ma "con assiduità e costanza, in modo tale da prestare un servizio adeguato e sistematico ossia regolare alla persona handicappata". Si tratta, fin qui, di considerazioni non dissimili a quelle espresse da INPS e INPDAP. Ma precisa anche il Dipartimento che la continuità dell'assistenza non costituisce la finalità del permesso, e tale non potrebbe essere data l'esigua consistenza degli stessi, pari a tre giorni al mese, ma ne costituisce, al contrario, il presupposto di fatto legittimante.

Nella sostanza, se non preesiste la continuità dell'assistenza, sistematica e costante al di fuori dell'orario di lavoro, i permessi non vanno concessi.

Dopo queste precisazioni il Dipartimento non fornisce alcuna indicazione per l'applicazione operativa, anzi Il Dipartimento Funzione Pubblica precisa che l'esclusività va intesa nel senso che vi sia un solo lavoratore che richiede i permessi lavorativi e che ne fruisce. Questi vanno concessi, quindi, anche nel caso vi siano nel nucleo familiare altre persone in grado di prestare assistenza. In questo il Dipartimento è in linea con le indicazioni già fornite dall'INPS e dal Ministero del Lavoro.La condizione va autocertificata dal lavoratore interessato e valutata dall'amministrazione competente. attribuisce discrezionalità alle amministrazioni interessate: "la situazione sarà valutata di volta in volta e a seconda delle circostanze concrete da parte dell'amministrazione interessata". La condizione della continuità va autocertificata dal lavoratore interessato e valutata dall'amministrazione competente (solitamente l'ufficio personale o risorse umane).

Esclusività

Il Dipartimento Funzione Pubblica precisa che l'esclusività va intesa nel senso che vi sia un solo lavoratore che richiede i permessi lavorativi e che ne fruisce. Questi vanno concessi, quindi, anche nel caso vi siano nel nucleo familiare altre persone in grado di prestare assistenza. In questo il Dipartimento è in linea con le indicazioni già fornite dall'INPS e dal Ministero del Lavoro.

La condizione va autocertificata dal lavoratore interessato e valutata dall'amministrazione competente.

mercoledì 5 marzo 2008

TARIFFE GIORNALIERE 2008 PER LE PRESTAZIONI IN RSA, RSD E CDD

A partire dal 1° gennaio 2008 le tariffe giornaliere per le prestazioni erogate in Rsa (Residenze sanitarie per anziani), Rsd (Residenze sanitarie per disabili), Cdd (Centri diurni per disabili), a carico del Fondo sanitario regionale sono ripartite come segue:

Delibera 6677 del 28 febbraio 2008